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https://www.rockit.it/recensione/35590/lestoucheslouches-la-terra-di-nessuno

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Les Touches Louches presentano il loro nuovo disco: La Terra di Nessuno. Un inno al viaggio in cui si mescolano sonorità mediterranee, esplorazioni nella musica gitana, atmosfere sognanti e bruschi ritorni alla realtà del presente. Canzoni e musiche capaci di rappresentare le distanze immaginate e quelle vissute, che mettono l’uomo a confronto con i propri desideri e con i muri imposti dalle frontiere che dividono la Terra.

Nessuno è il viaggiatore, in cerca di una nuova identità, è il clandestino, che di nascosto oltrepassa le frontiere. Per quanto ci siano uomini arroganti che cercano di ingabbiarlo costruendo muri sul suo percorso, egli troverà il modo di andare oltre, portando con sé desiderio e nostalgia, il suono della propria lingua, le proprie canzoni. A lui appartiene il mondo intero. Ecco qual è il senso del titolo “La Terra di Nessuno”.

È un disco in cui c’è molto Mediterraneo, sia nelle parole che nei suoni. Ci sono alcuni swing, per non tradire le nostre origini, e come al solito molti riferimenti alla musica klezmer e gitana. Ma stavolta dall’est-europa e dalla penisola balcanica ci siamo spinti a Sud per la Grecia fino ad arrivare in Turchia e al mondo arabo. Il disco sarà distribuito sul portale Distribuzioni dal Basso a partire da giugno 2016.

Esce a maggio 2016 “La Terra di Nessuno”, il nuovo album!

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Les Touches Louches sono lieti di annunciare finalmente il loro nuovo disco, in uscita a maggio 2016: La Terra di Nessuno. Un approccio alla musica senza confini, in cui si mescolano sonorità mediterranee, esplorazioni nella tradizione gitana, atmosfere sognanti e bruschi ritorni alla realtà del presente. Canzoni e melodie capaci di rappresentare le distanze immaginate e quelle vissute, che mettono l’uomo a confronto con i propri desideri e con i muri imposti dalle frontiere che dividono la Terra. Ecco Nessuno.

Illustrazioni di Patricia Taide (http://patriciataide.jimdo.com/)

 

Il Grande Incanto, primo disco de Les Touches Louches

Questi suoni che non sanno dir di sé dove son nati
come i vortici che nascono nel mezzo della via
Queste note che han danzato nei campi spelacchiati
Tra i rozzi papaveri di periferia [...]
da: Il Grande Incanto

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Presentazione Ufficiale
Venerdì 16 settembre 2011 @ Take Five, via cartoleria 15, Bologna

Il Grande Incanto

Il tema di questo disco è l’incanto, cioè quella realtà breve, fugace, eppure dotata di una energia dirompente, che accompagna la creazione e l’ascolto della musica, l’uso non convenzionale delle parole, l’invenzione e la narrazione di storie. Si tratta di un’esperienza immediata e totale, che si sperimenta con gran facilità quando si è bambini e che ritorna in seguito, portandosi con sé una traccia importante del passato.

Nei nostri testi, le immagini, i contesti e i personaggi di narrazioni lontane, soprattutto fiabe, si mischiano al presente, in una continuità di parole e di riferimenti che crea una vera e propria trama. Così Gulliver diventa una figura attuale e lotta per superare un medioevo che è ancora tutto qui, nel presente. Sherazade infonde ispirazione poetica, nel gioco di desideri con un re-bambino a cui non interessano le sorti del suo regno. Peter Pan è ovunque.

Altro tema fondamentale è quello del “diverso” e dell’immaginario dell’altrove. Così come per il tempo, anche l’unità di spazio si dissolve in un universo di luoghi diversi, ma in continuo rimando semantico fra di loro. Si parla della necessità di viaggiare (nelle sue varie modalità senza tempo: sognare, fuggire, migrare, vagabondare…). E in questi viaggi compaiono promettenti luoghi a cui approdare e luoghi spaventosi, come ne La pianura è in fiamme, metafora dell’Italia xenofoba, da lasciarsi alle spalle.

Infine vi è l’azione, intesa come azione scenica. È appunto l’azione dell’incantare, azione raffinata e fellinianamente grottesca; è il fascino gitano de La Maga, figura fatta al tempo stesso di materia grezza e poesia, è l’invocazione disperata alla musa che è al centro de Il Grande Incanto. Ancora, sono Le Luci della Scena che si accendono e si spengono su un teatro di burattini, che si interrogano sulla propria esistenza, come se potessero l’indomani scendere dal loro palcoscenico per diventare veri esseri umani; liberi, ma drammaticamente privati del senso del proprio agire.

Underground giunge a concludere il percorso, con l’ottimismo necessario: al termine del viaggio, si scopre un mondo parallelo al quotidiano e rispetto a questo più incerto e sfuocato, tuttavia più avvincente e vitale. Quest’album è il racconto di un viaggio lungo ma possibile, a patto di sapersi distrarre e di non aver fretta di arrivare.